INCERTEZZA E PAURA PER IL FUTURO FRA I DIPENDENTI DELLŽALENIA DOPO IL DISASTRO DELLO SHUTTLE
INCERTEZZA. Paura del futuro. Attesa di risposte da parte dellŽazienda. La Stazione spaziale internazionale sta là sopra, in orbita da qualche parte. Loro, i dipendenti di Alenia Spazio, si interrogano sul loro futuro sotto il cielo grigio di Torino. Una cosa è certa. Con i rottami del "Columbia" - il più vecchio dei quattro "Shuttle" - è precipitato anche il morale dei dipendenti di Alenia Spazio. Manco il tempo di metabolizzare lŽiniezione di ottimismo seguita alla visita e agli elogi di Sean OŽKeefe - lŽamministratore generale della Nasa - che sullŽazienda di corso Marche si allungano nuove ombre. LŽimpatto della tragedia investe lo stabilimento torinese - un migliaio di dipendenti costituiti in gran parte da tecnici e progettisti - dove vengono progettati, costruiti ed integrati (cioè dotati di sofisticate apparecchiature) i gangli della Stazione spaziale internazionale (ISS) già in orbita intorno alla Terra. In orbita ma incompleta, benché abitata. LŽequazione è di drammatica semplicità: niente lanci, vettori fermi. E se non si muovono dagli hangar di Cape Canaveral i vettori - cioè i tre shuttle sopravvissuti al "Columbia" e prima ancora al Challenger (Discovery, Atlantis, Endeavour) - ne faranno le spese sia gli astronauti sia chi alla "ISS" ci lavora. Né è ipotizzabile affidare ai "Vulcan", gli antiquati ma solidi razzi russi il trasporto di componenti eccezionali per peso e dimensioni. Il cerchio si chiude in corso Marche, da dove è cominciato. Perché è proprio qui che Alenia Spazio (Gruppo Finmeccanica) - forte di 3 mila dipendenti distribuiti fra Torino, Milano, Roma, LŽAquila e Taranto - ha lo stabilimento principale: quello dove si progetta e si assembla circa il 70% della ciclopica stazione orbitante. Cosa esattamente? I moduli logistici Leonardo, Donatello e Raffaello, progettati per compiere 25 missioni in 15 anni e già consegnati alla Nasa; due dei tre "Nodi", cioè i raccordi fra i vari moduli abitativi della stazione (il primo, realizzato da "Boeing" è già in orbita, collegato con il modulo russo). Ma anche gli Atv, i moduli cargo "a perdere" - nel senso che non sopravvivono al rientro in atmosfera - lanciati dalla base di Kourou, nella Guyana francese, per garantire i rifornimenti, e svariati satelliti scientifici. Senza considerare il coinvolgimento di Alenia Spazio in nuove frontiere: come il programma "Mars Express", al quale è affidata la futura esplorazione del misterioso "Pianeta Rosso". Per questo in corso Marche il ritrovato ottimismo ha ceduto il passo alla preoccupazione. Nessuno si nasconde le ricadute devastanti che lo stop della Nasa potrebbe avere sulle componenti in fase di realizzazione, sui finanziamenti e quindi sulle future commesse. In assenza dellŽazienda, dove in questi giorni la parola dŽordine è "no comment", parla il sindacato. "EŽ una battuta dŽarresto - spiega Claudio Chiarle per la Fim-Cisl -. Il problema riguarda eventuali rallentamenti per i componenti ai quali stanno lavorando". EŽ il caso dei due "Nodi": il secondo, da consegnare alla Nasa entro marzo, e soprattutto il terzo, appena impostato. "DallŽazienda non ci sono segnali - aggiunge Chiarle -, anche se ci aspettiamo una convocazione in settimana. Saremo tassativi sul rispetto degli accordi già sottoscritti". Fra le altre cose, prevedono 35 giorni di cassa integrazione nel 2003 e altri 30 di blocco della produzione nel corso dellŽanno. La disintegrazione del "Columbia" rischia di compromettere un quadro già difficile. Il giro di vite sui finanziamenti concessi allŽAgenzia spaziale italiana - non incrementati rispetto a quelli del 2002 -, rendeva già il percorso in salita incidendo sui tempi di molti programmi. Ora la nuova emergenza, seguita con ansia dai lavoratori che inseguono sui media il ping-pong delle dichiarazioni fra la Nasa e il presidente degli Stati Uniti: "La Nasa sostiene che entro cinque mesi riprenderanno le missioni"; "Sì, ma quando precipitò il Challenger bloccarono i lanci per 32 mesi..."; "Forse questa volta andrà meglio, pare abbiano già individuato la causa". Davanti ai cancelli dello stabilimento è un continuo inseguirsi di commenti e valutazioni. Soprattutto di auspici per unŽavventura mai come oggi incerta. "Le ipotesi sono due - interviene Emilio Lonati, segretario nazionale della Fim-Cisl -: o la Nasa abbandona i programmi, cedendo il campo ai militari, o gli Usa prenderanno atto della necessità di nuovi investimenti. LŽobsolescenza delle macchine è evidente, così come lŽinadeguatezza di programmi ventennali". I viaggi spaziali al bivio? "LŽesperienza insegna che una crisi si affronta in due modi: chiudendo baracca o rilanciando gli investimenti. EŽ una regola alla quale non sfugge nemmeno la Nasa".
http://www.lastampa.it/EDICOLA/sitoweb/Torino_cronaca/art45.asp