Sullo Shuttle un esperimento dell'università di Sassari
Il professor Pippia e il suo gruppo studiano le ragioni del deficit immunologico degli astronauti durante le missioni spaziali
Collaborazione di Margherita Campaniolo
SASSARI. Come funziona l'organismo umano in assenza della gravità terrestre? E' quello che sta cercando di studiare un gruppo di scienziati sassaresi diretti dal professor Proto Pippia, impegnato in questi giorni al Kennedy Space Center (Cape Canaveral) in una serie di esperimenti di biologia spaziale e fisiologia gravitazionale. Il lancio del Columbia Shuttle è avvenuto regolarmente qualche giorno fa. Del gruppo fanno parte, oltre allo stesso Pippia, Mariantonietta Meloni, Grazia Galleri e Maria Gavina Camboni.
"Il nostro gruppo di ricerca - spiega il professor Pippia - ha iniziato ad occuparsi, grazie ad annuali e cospicui finanziamenti della Agenzia spaziale italiana, di problemi inerenti la biologia spaziale e la fisiologia gravitazionale, in stretta collaborazione con Augusto e Marianne Cogoli del Politecnico federale di Zurigo.
"Il fine ultimo di questi studi - prosegue Pippia - è sia la conoscenza dei limiti del corpo umano in assenza di gravità, al fine di permetterne in futuro la massima permanenza nello spazio, sia il raggiungimento di una migliore vita sulla terra utilizzando le biotecnologie spaziali come strumento di studio. In particolare abbiamo studiato l'effetto della microgravità su alcuni aspetti morfofunzionali dei T-linfociti umani".
L'esperimento in corso sullo Shuttle è il frutto della collaborazione di tre gruppi di ricerca: il dipartimento di Scienze fisiologiche, biochimiche e cellulari dell'Università di Sassari, diretto dal professor Proto Pippia; lo Space Biology Group del ETH di Zurigo, diretto dal professor Augusto Cogoli, e il Laboratory of Cell Growth, San Francisco, diretto dalla ex astronauta Millie Hughes-Fulford.
"È noto da tempo - dice Pippia - che l'attivazione in vitro dei T-linfociti si riduce, in microgravità, di oltre il 90% rispetto a quella osservata sulla terra. Fortunatamente i T linfociti degli astronauti non rispondono alla stessa maniera anche se è dimostrato che il loro sistema immunitario, durante i voli spaziali, è più 'pigro'. E questo fatto costituisce un problema biomedico di importanza vitale per il proseguo dell'attività umana nello spazio".
Oltre trenta anni di studi nel campo della biologia spaziale e della fisiologia gravitazionale, spiegano gli scienziati sassaresi, hanno dimostrato che diverse funzioni del corpo umano sono influenzate dalle alterate condizioni gravitazionali. Lo studio di questi cambiamenti è stato effettuato sia nel corso delle varie missioni spaziali sia a terra in condizioni di alterata gravità.
"Una delle problematiche più importanti affrontate nel corso di questi studi - afferma Pippia - è sicuramente il deficit immunologico cui vanno incontro gli astronauti nel corso delle missioni spaziali. Infatti nel 1983, in occasione della prima missione dello Spacelab-shuttle, Augusto Cogoli osservò che i T-linfociti umani coltivati in vitro e attivati con un mitogeno (Concanavalina A) in condizioni di microgravità perdono circa il 90% della loro capacità proliferativa con conseguente perdita quasi totale della loro funzione immunologica.
"Diversi esperimenti sul comportamento dei T-linfociti - prosegue Pippia - sia nello spazio che a terra in particolari apparecchiature che simulano l'assenza di gravità, come il clinostato tridimensionale RPM, hanno permesso di appurare che nel complesso meccanismo di attivazione dei T-linfociti in assenza di gravità sono coinvolte alcune molecole della loro membrana, le loro capacità adesive, il loro citoscheletro ed una serie di molecole da essi prodotte, le citochine. Recenti esperimenti condotti nei nostri laboratori hanno dimostrato che in condizioni di simulata microgravità si ha una ridotta espressione genica della interleuchina 2 e di una (alfa) delle tre subunità del recettore membranario cui la interleuchina 2 si deve legare per poter attivare la terza tappa fondamentale della proliferazione dei T-linfociti".
Dopo il ritorno dello Shuttle sulla terra, sia i campioni provenienti dallo spazio che i controlli rimasti a terra saranno sottoposti all'analisi della espressione genica.
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