Tagli ai fondi, a rischio l'epopea dello spazio
"Gli shuttle erano stati progettati per operare per 10 anni o 100 missioni, mentre adesso si pianifica di tenerli in servizio per circa 30 anni". A dirlo, l'11 marzo di un anno fa, è stato il signor Richard Blomberg, presidente dell'Aerospace Safety Advisory Panel, un organismo indipendente che valuta la sicurezza del settore aerospaziale. Contemporaneamente, l'amministrazione Bush annunciava riduzioni significative del bilancio della Nasa, dopo averla di fatto commissariata nominando come direttore Sean O'Keefe, fino a quel momento capo del settore amministrativo.
In questi due elementi sembra racchiudersi la tragedia che rischia ora di far precipitare la Nasa nella crisi più grave della sua storia. E di imporre un brusco stop all'epopea cinquantennale dell'astronautica e della esplorazione spaziale. In questo momento, appare chiarissima l'alternativa: o la Nasa, capofila della scienza spaziale mondiale, salva l'esplorazione umana dello spazio, la colonizzazione dell'atmosfera, la futura conquista di Marte, oppure quel capitolo si va a chiudere rapidamente, a poco più di 45 anni dal volo di Yuri Gagarin, e il futuro parlerà solo di sonde artificiali, telescopi orbitanti, tecnologia che si spinge ai confini del sistema solare. Ma basta con gli astronauti, almeno per molto tempo. Un braccio di ferro complesso, americano e internazionale si apre sui rottami del Columbia, precipitato dopo 28 missioni e 21 anni di servizio.
La grande epopea della Luna aveva dato l'impressione che l'umanità fosse a un passo dalla colonizzazione stabile del suo satellite naturale e, a portata di una generazione o due, alla conquista di Marte. Ma la crisi petrolifera del '73, la vittoria yankee per kappaò della gara spaziale Usa-Urss, i costi della guerra in Vietnam, convinsero gli americani (e i sovietici, per motivi simili) a rinunciare. L'Apollo 17 fu l'ultimo, nel luglio del 1972, ad allunare.
L'industria aerospaziale americana riuscì però a imporre alla Nasa la scelta della navetta spaziale, aprendo in quel momento un grande dibattito tra gli esperti: aveva ancora senso inviare uomini nello spazio, con tutti i rischi che questo comportava? Non era più razionale puntare sulle sonde e i telescopi spaziali che avrebbero sicuramente aumentato in modo esponenziale la conoscenza scientifica senza rischi economici e umani eccessivi?
La Nasa ha tenuto la barra del timone sul volo umano, anche perché l'Unione Sovietica e, dopo, la Russia, avevano giocato d'anticipo realizzando la prima stazione orbitante, la Mir. "Quando guardo in cielo, so che loro sono là e noi no", disse nel 1984 Ronald Reagan per giustificare la scelta di autorizzare la Nasa alla costruzione della costosissima Stazione spaziale internazionale (Iss). Che prima internazionale non doveva essere, ma poi lo è diventata per motivi di bilancio: è costata 50 miliardi di dollari, contro gli 8 miliardi previsti in partenza.
Così, poco a poco l'enorme bilancio della stazione spaziale e degli shuttle per andare e tornare, ha finito per indebolire l'Agenzia spaziale. Costringendola a tenere in servizio gli "alianti spaziali".
Il disastro del 1986 aveva già dato un campanello di allarme. Ma poi sembrava andare tutto liscio. Nel frattempo la Russia è riuscita a mantenere in vita il suo programma spaziale fatto di un razzo potente e di un cargo (la Soyuz). Ma ha rinunciato totalmente alle missioni di esplorazione senza uomini. Gli europei hanno invece puntato su una collaborazione leale ma tranquilla sull'Iss, ma hanno cercato di sviluppare un programma di esplorazione delle comete, del Sole, di Marte e di Saturno. La Nasa aveva ripreso a lanciare sonde nello spazio, ma puntando sulla loro economicità. Con la conseguenza di perderne qualcuna. Ma era la Stazione spaziale la stella. Da tenere in piedi anche a costo di rischiare un po' con gli shuttle, tirando il collo a questi "muli del cosmo".
http://ilmattino.caltanet.it/hermes/20030202/NAZIONALE/SPECIALI/APRO.htm