IN UNA FOTO SCATTATA DA UN TELESCOPIO DELLA US AIR FORCE LA CHIAVE DELLA TRAGEDIA

Collaborazione di M. Campaniolo


Ad otto giorni dal disastro dello Shuttle "Columbia" l'unica certezza per la commissione di inchiesta guidata dall'ammiraglio Harold Gehman è che l'ala sinistra era danneggiata poco prima della disintegrazione. Ma su come e quando questo danno si verificò le ipotesi restano discordanti. La fotografia scattata da un potente telescopio dell'Us Air Force in una base del New Mexico è la prova finora più dettagliata su quel danno fatale perché risale ad appena sessanta secondi prima del momento della disintegrazione. Il centro di controllo di Johnson perse contatto con il "Columbia" alle 7.59.32 (ora del Texas). Nei 7 minuti e 12 secondi precedenti aveva rilevato problemi sull'ala sinistra: prima nell'area del carrello, poi al centro, i sensori avevano registrato un consistente aumento di temperatura e alcuni avevano smesso di funzionare del tutto. Fra le 7.52.59 e le 7.53.36 cinque sensori avevano cessato improvvisamente di trasmettere, tutti concentrati nella zona del carrello. Il velivolo mostrava difficoltà di assetto ma, secondo la versione del capo del programma Shuttle Ron Dittemore, nè i sette astronauti dell'equipaggio nè i controllori a terra si erano accorti di ciò che stava per avvenire. La foto dell'Us Air Force riprende proprio quest'ultimo attimo, mostrando un profilo irregolare della sagoma dell'ala sinistra in prossimità della fusoliera, dietro alla quale si vede con chiarezza una scia, probabilmente composta dei primi detriti che iniziavano a staccarsi. E' dall'interrogativo sulle cause di questa irregolarità che l'ammiraglio Gehman, già responsabile dell'indagine sull'attentato terroristico alla nave "Uss Cole" nelle acque dello Yemen, comincia la sua inchiesta. Il magazine "Aviation Week & Space Technology" avanza due ipotesi: la deformazione può essere stata frutto di un impatto con un oggetto esterno oppure di un distacco strutturale di parti d'ala. In entrambi i casi si rivelò fatale perché pregiudicò l'assetto di volo del "Columbia" e consentì al tempo stesso la penetrazione dentro il velivolo dei gas dell'atmosfera ad altissima temperatura. La coincidenza lasciò senza scampo i sette astronauti, sei americani ed un israeliano. Attorno al dubbio fra "impatto o distacco" si sviluppano le differenti ipotesi fino ad ora avanzate. La Nasa ha ammesso subito che, ottanta secondi dopo il decollo, un frammento di rivestitura gommosa del grande serbatoio di carburante si staccò e cadde sulla parte sinistra del "Columbia", ma il carattere decisivo di questo episodio è stato oggetto di dichiarazioni contraddittorie da parte di Dittemore. Ciò che sappiamo è che la Nasa fece tre rapporti durante i sedici giorni di missione: il 18 gennaio, 48 ore dopo il decollo, affermò che l'impatto era avvenuto sull'ala vicino alla fusoliera; il 20 gennaio si soffermò sulle conseguenze per piastrelle anti-termiche della pancia della navetta; il 27 gennaio trattò entrambi i temi concludendo che "il danno subito non avrà conseguenze sulla missione". La Nasa dunque studiò le conseguenze del decollo nelle diverse parti dell'ala senza arrivare a conclusioni allarmanti. Da qui l'ipotesi di altri tipi di "impatti" avvenuti sempre sulla stessa ala: un astronomo di San Francisco ha parlato del raro fenomeno di "fulmine cosmico", i portavoce della Nasa hanno ricordato che attorno alla Terra orbitano in maniera permanente oltre duecentomila detriti spaziali di piccole dimensioni, senza contare il rischio della possibile caduta di asteroidi. L'altra pista è quella del "distacco", ovvero la possibilità che alcune delle oltre 20 mila piastrelle nere anti-termiche non abbiano resistito all'impatto con il calore dei gas dell'atmosfera, superiore ai 3000 gradi Farenheit. In questo caso si tratterebbe di un cedimento strutturale. Le piastrelle sono lo scudo dello Shuttle: posizionate a protezione del velivolo per resistere ai diversi gradi di esposizione al calore grazie ad uno spessore differente fra cinque e dodici centimetri, sono oggetto di ripetuti controlli nelle procedure di sicurezza. Ogni volta che uno Shuttle torna dallo spazio le 20 mila piastrelle vengono smontate e rimontate, per essere certi che neanche una sia stata danneggiata nel timore che un'unica fessura nello scudo di ceramica possa mettere a rischio velivolo ed equipaggio. Per rispondere al dubbio fra "impatto o distacco" l'ammiraglio Gehman ha bisogno di più informazioni: la ricostruzione della storia degli ultimi 7 minuti fatta dal centro di Johnson non basta, servono più rottami possibili dello Shuttle e soprattutto il supersegreto congegno elettronico che registra da bordo ogni tipo di comunicazione, una sorta di avveniristica "scatola nera" spaziale. Questo oggetto metallico non è stato ancora ritrovato nonostante centinaia di agenti e soldati della Guardia Nazionale stiano setacciando le sette contee al confine fra Texas e Louisiana dove è caduto il maggior numero di detriti: 12 mila sono stati già ritrovati compreso, venerdì notte, un frammento di ala largo meno di un metro che - se fosse sinistra - potrebbe rivelarsi di grande aiuto nell'accertamento dei fatti. La Nasa non esclude che la "scatola nera" possa essere caduta in fondo alla riserva idrica Toledo Bend, la cui ispezione è stata affidata ad una squadra di sommozzatori. "Finora non abbiamo trovato alcun detrito ad Ovest del Texas" dice Dittemore. Una delle preoccupazioni maggiori resta quella legata a furti di rottami: per evitarli polizia e Fbi hanno decretato la fine della finestra di tempo a disposizione dei cittadini per le "consegne volontarie" e hanno fatto sapere che contravvenendo si incorre nel rischio di condanne fino a un massimo di dieci anni di detenzione e 250 mila dollari di multa. Lo sceriffo di Nacodgoches, Tom Kerss, ha sguinzagliato questo fine settimana decine di uomini nei mercati delle pulci della contea nel timore che altri frammenti siano già entrati in commercio. Sean O'Keefe, amministratore della Nasa, vuole tornare a volare entro la fine dell'anno ma nessuno dei suoi uomini azzarda date. Difficile prevedere anche le conseguenze: se venisse confermato il distacco delle piastrelle si porrebbe la questione della sicurezza di ogni navetta in ogni viaggio e l'intero programma Shuttle potrebbe essere rimesso in discussione; se invece la causa fosse stata un impatto esterno sarebbero i sistemi di controllo - e quindi i vertici dell'agenzia - a finire sotto accusa perché rivelatisi incapaci di verificare in tempo l'entità del danno. L'ultima domanda in fondo all'inchiesta è quella che più attanaglia il pubblico americano: gli astronauti protagonisti della missione con a bordo il maggior numero di esperimenti scientifici mai portati - ottanta - avrebbero potuto essere salvati in extremis? La Nasa finora ha sostenuto che "anche avendo deciso di tentare non saremmo riusciti a farlo" per due motivi: la non preparazione dell'equipaggio a passeggiate spaziali necessarie per riparare dall'esterno il danno subito e l'impossibilità tecnica di attraccare alla Stazione spaziale internazionale, su una orbita differente, per attendere soccorsi. Gli esperti di "Aviation Week & Space Technology" avanzano però dei dubbi: se si fosse accorta di che cosa stava per avvenire, la Nasa avrebbe avuto una via d'uscita modificando il profilo del rientro con l'atmosfera per diminuire l'impatto termico sull'ala danneggiata a favore dell'altra, rinunciando all'atterraggio guidato in Florida per un ritorno non guidato fino a quota 12 mila metri quando l'equipaggio avrebbe potuto mettersi in salvo sopra un oceano. Una procedura simile è stata eseguita dalla navetta "Atlantis" nel corso di una delle ultime missioni: il cambiamento di profilo del rientro riuscì bene a tal punto che lo Shuttle riuscì anche ad atterrare in Florida, senza eccessive difficoltà. L'altro incubo per O'Keefe e Dittemore è che si possa ripetere l'esito dell'indagine sul disastro del "Challenger" nel 1986, quando venne appurato che la causa tecnica del disastro era stata prevista ma sottovalutata: un rapporto interno della Nasa redatto nel 1994 prevedeva nei dettagli l'ipotesi di una collisione al decollo con un frammento gommoso caduto dal serbatoio. A differenza del 1986 oggi siamo al secondo incidente mortale dello Shuttle e l'inchiesta di Harold Gehman questa volta potrebbe decretare la fine dell'intero programma.


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