I PILOTI TERRESTRI INTERCETTANO GLI UFO
É noto che la maggior parte delle segnalazioni ufologiche si basano sul resoconto di testimoni diretti. Tuttavia l'attendibilità delle testimonianze è messa spesso in dubbio dalla possibilità di errori o cattive interpretazioni di fenomeni conosciuti. Il pianeta Venere ad esempio è in cima alla lista degli oggetti astronomici scambiati spesso per dischi volanti. Una persona non abituata ad osservare il cielo può effettivamente essere tratta in inganno da eventi e situazioni che semplicemente non conosce e che possono assumere le connotazioni di veri e propri misteri.
Ma che dire delle testimonianze di persone che ogni giorno per mestiere si muovono nei cieli a bordo di caccia militari, aerei civili, elicotteri... L'addestramento di queste persone è molto rigoroso. Oltre a dover essere dotato di una eccellente prestanza fisica un pilota deve sviluppare anche un notevole spirito di osservazione e deve saper riconoscere tutto ciò che vola ad alta quota per poter fronteggiare gli imprevisti. Non può farne a meno. Ne va della sua vita. E ne va anche della vita dei suoi passeggeri. Ebbene a volte capita che anche i piloti vedano qualcosa di strano nei cieli e, data l'elevata professionalità che caratterizza questa categoria, è logico capire perchè gli ufologi considerino quelle dei piloti delle testimonianze molto preziose.
"Era il 21 settembre del 1971 - racconta il generale in pensione Salvatore Marcelletti - e mi trovavo sul mio aereo, un MB 426 della Scuola di Volo Basico di Lecce, a circa 2500 piedi di quota, quando mi successe una cosa spaventosa. Fui investito da una luce bianca intensa, che inizialmente scambiai per un fascio luminoso di un caccia intercettatore che, avendomi avvistato, stava cercando di mandarmi dei segnali. Ma mentre stavo girando gli occhi per capire da che parte provenisse quella luce, notai con stupore che questa era diventata rossa. In quel momento cominciai ad avere paura, perchè nessun aeroplano italiano che io conoscessi all'epoca era munito di luci rosse per illuminare chi gli stava vicino.
E la paura diventò vero e proprio terrore quando la luce iniziò a cambiare, mostrando i colori dell'arcobaleno: gialla, arancione, blu, verde, sino a diventar color dello smeraldo. In quel momento alzai gli occhi al cielo e mi accorsi che la luce era proprio sopra il mio aereo. Ma non era una semplice luce. Era un oggetto solido, immenso, che copriva tutto il mio arco visivo, al di là del quale potevo vedere il cielo stellato.
Osservando questo oggetto rimasi impietrito dalla paura. Pochi istanti dopo l'ordigno, non ritenendomi evidentemente degno di interesse, si allontanò ad una velocità pazzesca, con un'accelerazione talmente violenta che un pilota come me non riesce ancora ad immaginare. Che cosa avevo visto?"
Il caso del generale Marcelletti, un preparato e competente istruttore pilota che venticinque anni fa ha avuto un traumatico faccia a faccia con un UFO, è solo uno fra i tanti casi di avvistamenti effettuati ad alta quota sulla penisola italiana.
Uno dei casi più straordinari accadde nel cielo dell'aeroporto di Caselle il 30 novembre 1973. Verso le 19.00 gli addetti alla torre di controllo avvistarono un globo luminoso che sprigionava strani bagliori colorati in una gamma che andava dall'azzuro al rosso vivo. L'avvistamento non fu solo visuale. Anche il radar vide l'oggetto che sembrava avere dimensioni notevoli, quasi quanto un aereo di linea. Improvvisamente l'oggetto cominciò ad eseguire delle manovre impossibili accelerando e decelerando bruscamente. Arrivò fino al punto di compiere una salita in verticale per quasi cinquemila metri in soli due secondi (viaggiando quindi a circa cinquemila chilometri l'ora ...).
Contemporaneamente l'oggetto venne avvistato anche da alcuni velivoli che stavano sorvolando lo spazio aereo di Caselle. Si trattava di un DC-9 proveniente da Parigi pilotato dal comandante Mezzalami, di un altro DC-9 in volo per Roma con a bordo il comandante Traquillio e di un Piper da turismo pilotato da Riccardo Marano. Quest'ultimo era già in fase di atterraggio ma su richiesta della torre di controllo riprese quota per cercare di intercettare l'oggetto. Con l'aiuto del radar di terra il Marano tentò di raggiungere l'UFO e a un certo punto si trovò a soli tremilacinquecento metri dal suo obiettivo.
L'oggetto tuttavia si dimostrò una preda tutt'altro che facile e cominciò ad effettuare di nuovo alcune manovre impossibili per un velivolo convenzionale, picchiando e cabrando in continuazione quasi a volersi far beffe del suo inseguitore.
Nonostante la perseveranza del pilota, il Piper arrivò alla fine della sua autonomia e nei pressi di Voghera lo spettacolare inseguimento aereo ebbe termine.
L'oggetto tuttavia arrivò fino a Genova dove fu poi visto impennarsi verso l'alto e sparire in un baleno.
Sempre in Italia un altro caso molto noto è quello del maresciallo Giancarlo Cecconi ex pilota militare. Il 18 giugno del 1979 Cecconi stava sorvolando l'aeroporto di Sant'Angelo di Treviso a bordo di un G 91 R, quando il centro controllo radar di Istrana gli chiese di intercettare uno strano oggetto che sembrava stazionare proprio sopra l'aeroporto. Il maresciallo eseguì l'ordine e dal momento che il suo velivolo era dotato di una macchina fotografica cominciò a scattare una serie di foto. In quel mentre la torre di controllo lo avvisò di avvicinarsi con cautela all'oggetto perchè da terra questo sembrava emettere una luminosità bluastra. Cecconi in realtà non notò quest'ultimo particolare ma continuò a scattare fotografie fino a che dopo un'ultima manovra l'oggetto sparì improvvisamente dal radar e dalla vista del pilota. Dalla torre di controllo il Cecconi fu avvisato che l'oggetto si era dileguato dirigendosi verso l'alto. In tutto, l'avvistamento era durato cinque minuti durante i quali il maresciallo ebbe l'impressione che l'UFO si muovesse in senso verticale puntando costantemente il suo aereo. Questo denotava un comportamento intelligente. La forma dell'oggetto era quella di una grossa cisterna di carburante. Era lungo dai cinque agli otto metri e alto circa tre metri. Secondo il pilota l'oggetto era sormontato da una piccola cupola bianca.
L'intercettazione dell'UFO da parte del Cecconi si svolse a quasi quattromila metri di altezza. All'epoca qualcuno fece notare che poteva trattarsi di un UFO-Solar, ovvero un pallone giocattolo di plastica molto in voga in quegli anni che, riscaldato e riempito di aria, era in grado di raggiungere una certa altezza (per inciso, proprio a causa di questa sua caratteristica che poteva mettere in pericolo il traffico aereo, l'UFO-solar fu ben presto tolto dal commercio ...). Tuttavia Cecconi affermò che l'oggetto sembrava solido e rigido poiché non risentiva in alcun modo delle turbolenze causate dal velivolo inseguitore. Inoltre la manovra di evasione effettuata dall'oggetto esclude ulteriormente l'ipotesi del pallone poiché per sparire in quel lasso di tempo così breve l'UFO avrebbe dovuto viaggiare come minimo a 950 chilometri l'ora ...
Uno degli episodi italiani più recenti è accaduto invece il 20 dicembre 1994. Quel giorno un radioamatore che stava ascoltando le comunicazioni fra aerei in volo e la torre di controllo di Milano Linate sulla frequenza 125.270 sentì improvvisamente, alle ore 20.30, il pilota del volo Alitalia 400 Roma-Zurigo segnalare la presenza di strane "luci verdastre in quota".
E ancora, la sera del 6 gennaio 1995, il volo BA5061 della British Airways stava avvicinandosi all'aeroporto di Manchester. Il Boeing 737, con 60 passeggeri era partito quasi due ore prima da Milano effettuando quindi un volo di normale routine. L'aereo era ormai nelle fase finale della manovra di atterraggio a circa 1200 metri di quota quando il comandante Roger Wills, vide all'improvviso sfilare accanto al suo aeromobile uno straordinario oggetto a forma di cuneo, gigantesco e silenzioso, contornato da una moltitudine di luci bianche
L'oggetto era talmente vicino che il co-pilota, Mark Stuart, istintivamente abbassò la testa, quasi a volerlo evitare. Non fu udito alcun rumore e l'aereo non subì alcun sussulto dovuto a spostamento d'aria. Tutto durò solo pochi attimi dopodiché le luci svanirono. Naturalmente il capitano WIllis contattò immediatamente la torre di controllo: "Qualcosa ci è appena passato sulla destra, velocissimo". E dall'aeropoprto di Manchester: "Spiacenti, non abbiamo nulla sul radar. Era un aereo?".
Di nuovo il pilota: "Aveva luci, è scomparso rapidamente sulla destra". L'unica certezza del pilota era che non poteva trattarsi né di un pallone aerostatico, né di un modellino telecomandato e neppure di un caccia Stealth militare.
"Ne avevo già visti alcuni, l'avrei riconosciuto" affermò il comandante Willis. Poi aggiunse, sorridendo: "Non era neppure Superman".
Appena atterrato, pochi minuti dopo, il pilota compilò il suo rapporto e la Civil Aviation Authority, ormai alla quarta segnalazione di UFO dal 1987 a oggi, avviò una inchiesta conclusasi un anno dopo senza fornire alcuna spiegazione accettabile.
Il caso che stiamo per illustrare è accaduto invece in Iran al tempo di Rezha Palhavi ed è uno dei rarissimi episodi in cui gli UFO si sono dimostrati in qualche modo ostili. Ed è uno dei casi, invece abbastanza numerosi, in cui le autorità civili e militari hanno tentato di sminuire la portata di un avvistamento da parte di un pilota esperto.
Alle 13.40 del 19 settembre 1976, decine di iraniani vedono un misterioso oggetto sorvolare la capitale Teheran.
Anche le Forze Armate scorgono l'oggetto e vengono allertate. Immediatamente il luogotenente Jafari, del comando dell'aviazione iraniana, lancia il suo caccia Phantom F 4 contro l'oggetto volante non identificato.
Quando il caccia intercetta l'UFO, ecco che quest'ultimo accelera improvvisamente, emettendo bagliori blu, verdi, rossi e arancioni. Jafari sta per lanciarsi nuovamente all'inseguimento quando, a sorpresa, l'UFO attacca. Il disco volante spara un oggetto brillante contro l'F 4.
I comandi del caccia iraniano si bloccano, gli strumenti non rispondono, si interrompe il contatto con la torre di controllo di Hamadan. Jafari riesce a manovrare in picchiata, giusto in tempo per evitare il missile alieno.
Quindi, temerariamente, si ritrova ancora ad inseguire l'oggetto. L'UFO spara un secondo colpo. Jafari precipita verso terra con uno scoppio di luci. Riprende nuovamente il controllo. Troppo tardi. L'UFO non c'è più.
Il caso trapela. Troppi testimoni hanno assistito alla scena e la vicenda varca i confini del Paese, sebbene l'Aeronautica cerchi di occultare il caso con l'aiuto del quotidiano Kayhan International, pubblicato a Teheran in lingua inglese.
Immediatamente si attivano i servizi di Intelligence americani, in ottimi rapporti con la dinastia Palhavi. Il servizio segreto della DIA stila un dettagliato rapporto che finisce negli archivi del Pentagono.
Si tratta di uno scritto di 3 pagine che verrà successivamente divulgato in America, a furia di battaglie legali, solo l'anno seguente.
Ma come avevano fatto i servizi segreti USA ad ottenere la notizia? Semplicemente, il primo ottobre l'Iran Times, molto seguito all'estero, aveva pubblicato la notizia, anche se a spezzoni. Tanto era bastato al segretario di stato Henry Kissinger per intervenire personalmente, per chiedere il rapporto dell'Aeronautica iraniana. Rapporto che però era stato negato.
Sarà necessaria, su pressione di Kissinger, la mediazione dell'ambasciata americana a Rabat, dopo che il fenomeno verrà rilevato anche in Marocco. "É difficile offrire una spiegazione definitiva", era scritto nel segretissimo Messaggio 052041Z.
E, in calce, veniva fornita come spiegazione "una meteora o una parte di satellite, di cui non è stato registrato il rientro". L'insabbiamento governativo durò sino all'8 ottobre 1978, quando un UFO campanulare venne fotografato sopra Teheran da Abrahim Youri. Un altro disco, perfettamente identico, era stato immortalato a Shiraz.
E anche stavolta gli oggetti non assomigliavano per niente a delle meteore. Soprattutto per via degli alettoni e degli oblò.
Il caso Jafari resta comunque un classico dell'ufologia non solo iraniana, ma addirittura mondiale. William Spaulding lo cita addirittura fra gli otto casi piu' interessanti della storia degli UFO (3). Se oggi noi possiamo conoscere questo caso è grazie al ricercatore privato Charles Huffer, autore della battaglia legale. Il documento ottenuto dalla DIA da Huffer portava la firma del colonnello Olin R. Mooy, della sezione Air Force MAAG, un gruppo di consulenza militare americano di stanza a Teheran.
Mooy aveva raccolto anche la testimonianza di una donna del quartiere Shemiran che aveva telefonato all'addetto militare del MAAG, sbraitando: "Dite a quell'elicottero con una luce sopra di andarsene dalla mia casa, perchè mi sono spaventata..."