Scimmie e cani decapitati e poi "ricostruiti"
NEW YORK - Il neurochirurgo Robert White sostiene che negli Stati Uniti la
sua tecnica di trapianto della testa non potrà mai essere provata solo
"perché la stampa farebbe un gran can can". Il professore dell'Ohio,
docente alla Case Western University di Cleveland nonché membro della
Accademia Pontificia delle Scienze, sostiene invece che le resistenze
morali contro il trapianto di testa sono infondate, e a prova di ciò
assicura di aver ottenuto l'approvazione dallo stesso Santo Padre.
La verità è un po' diversa. Per quanto White sia un noto ricercatore e
abbia scritto numerosi articoli su riviste autorevoli, è anche vero che
molti dei suoi colleghi pensano che alla luce di quello che la scienza ha
dimostrato sia sulla intelligenza e la sensibilità degli animali, sia sulla
possibilità di rigenerare organi umani con la clonazione, i suoi
esperimenti dovrebbero cessare. E' dal 1970 che White compie in laboratorio
atti che fanno impallidire: cani decapitati e teste trapiantate su altri
cani (impazziti di dolore), cervelli di scimmie estratti e mantenuti "vivi"
(nonostante altri scienziati gli avessero fatto notare che quei cervelli
sentivano, e quindi soffrivano), scimmie decapitate con relativo trapianto
della testa su altra scimmia. Trenta anni di questi esperimenti, che lo stesso presidente della commissione etica della Università dove White
insegna non permetterebbe di fare: "Allora - spiega il professor Tom Murray
- non sapevamo quel che oggi sappiamo dei primati. Le scimmie di quel
laboratorio devono aver provato puro e semplice terrore". Effettivamente,
nel saggio che White allora scrisse, raccontava che gli animali si
risvegliavano paralizzati dalla testa in giù e "arrabbiati".
Il professor White insiste tuttavia che la vita di un animale non può
essere paragonata a quella di un uomo. Le sue ricerche hanno valore morale
perché potranno in un futuro dare nuova vita a quadriplegici altrimenti
condannati a morire per il degenerare di qualche organo vitale. Ma anche
qui la scienza non è d'accordo con lui: prima di tutto, la biotecnologia
sta aprendo nuovi campi alla rigenerazione cellulare senza bisogno di
compiere operazioni così "totali". E poi, come spiega il neurochirurgo
Antonio Damasio, "l'identità di un uomo è radicata nel suo corpo", di
conseguenza "conosciamo il mondo attraverso i sensi del nostro corpo", e
cambiarlo causerebbe un "corto circuito" della conoscenza da cui non
saranno in grado di riprenderci.